Com'è che si racconta una storia così?

Com’è che si racconta un’esperienza così? Alle persone rimaste a casa, come possiamo far arrivare anche solo 1 grammo dell’immensa gratitudine delle comunità beneficiarie che abbiamo incontrato?

Mi spiace deludervi ma temo di non saperlo ancora. A distanza di qualche giorno dal nostro rientro dal viaggio di 2 settimane in Uganda a visionare progetti sto ancora pensando ma non ho trovato alcuna risposta.

Una cosa, però, che posso fare è provare a mettere giù per iscritto qualche pensiero, come una sorta di diario di viaggio postumo per mettere almeno un po’ di ordine al meraviglioso caos che ho e abbiamo vissuto e che in parte ho dentro ancora. Ci saranno anche interventi degli amici e colleghi - Serena, Bianca, Filippo - che sono stati in viaggio con la Fondazione.

Si sa, del resto, che scrivere è una sorta di terapia e quindi, in maniera egoistica, butto giù qualche riga nella speranza che mi aiuti e che mi piacerebbe condividere con tutti voi.

Protagonisti della storia saremo io (Fabio), Serena, Bianca e Filippo: 4 mzungu che vanno in Uganda a fare un’esperienza di vita con l’obiettivo di visionare e documentare i progetti che la Costa Family Foundation sostiene dal 2012.

Come si sviluppa la storia? Accolti, protetti e guidati dal partner locale “Insieme si Può in Africa” faranno diverse esperienze all’interno del Paese. Prima nella caotica Kampala visioneranno i progetti che ISP porta avanti con partner locali e grazie al supporto della Maratona dles Dolomites; poi si trasferiranno in Karamoja (a Moroto) - la remota regione al confine con il Kenya - dove la Fondazione da anni sostiene progetti legati all’agricoltura, all’educazione, al sostegno delle persone fragili, al cibo, all’acqua e alla salute. 

L’idea è quella che nei prossimi giorni (in maniera più o meno cadenzata) si possa fare uscire un pezzo di racconto alla volta, come una sorta di tela che si costruisce mano a mano e di cui si possa leggerne (e interpretare) il disegno soltanto una volta terminato il lavoro, o forse mai.

Spalmarli in questa maniera, comunque, consentirà a me (e a noi) di recuperare tutti gli appunti mentali che abbiamo dentro la testa e a voi - questa è la speranza - di poter apprezzare al meglio ogni singolo passaggio, dare ad esso la giusta importanza, leggerlo, farsi contaminare e lasciarlo depositare fino alla pubblicazione del successivo.

Un passo alla volta, come un lungo viaggio.

Questo è l’intento; non vi prometto nulla sul risultato finale ma impegno, dedizione, amore e coinvolgimento non mancheranno.

Grazie per esserci.

Torniamo presto, promesso.

 

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