In uno degli slum più poveri di Kampala, sette donne trovano nel cucito un nuovo inizio. Attraverso la sartoria sociale, il progetto "Chi se le fila?" offre loro un’opportunità di riscatto e speranza, trasformando le difficoltà in un percorso di dignità e comunità.
Kampala, capitale dell’Uganda, è una delle città africane con i più alti tassi di crescita di popolazione urbana, ed è caratterizzata dalla presenza diffusa di slum, ovvero di insediamenti informali contraddistinti da povertà, alta densità abitativa, presenza di costruzioni fatiscenti e totale mancanza di servizi pubblici.
Tra questi, la baraccopoli di Namuwongo si estende lungo le rotaie della ferrovia della città; si stima che nell’area abitino circa 20.000 persone. Gran parte di queste vive di lavori saltuari ed economie informali. Per le donne, la mancanza di istruzione e competenze pratico/professionali implica serissime difficoltà nel trovare un impiego redditizio e dignitoso. Per questo, molte madri si ritrovano costrette ad attività degradanti e rischiose, come la prostituzione, per poter provvedere alle necessità primarie delle proprie famiglie.
Il progetto “Chi se le fila?” intende rispondere all’esigenza di formare professionalmente le donne più vulnerabili e marginalizzate dello slum di Namuwongo, favorendo l’avviamento di un’attività generatrice di reddito, gestita dalle stesse donne.
Il progetto vede all’attivo, oggi, 7 beneficiarie dirette (che sono state selezionate fra le 25 donne altamente vulnerabili e provenienti dallo slum che, a giugno del 2024, hanno concluso il ciclo di formazione in campo sartoriale “Sewing the future”) che avranno, quindi, l’opportunità di costituirsi in una sartoria cooperativa e lanciare la propria linea di prodotti che consisterà principalmente in giocattoli in tessuto e piccoli oggetti per l’arredamento.
Il progetto prevede un primo ciclo di formazione su temi commerciali, mirato a creare un brand e a sviluppare una campagna di comunicazione per i giocattoli, con l’obiettivo di donare un giocattolo ai bambini dello slum di Namuwongo per ogni vendita. Seguirà una formazione pratica in design e cucito con due artigiani: un sarto della comunità congolese e una stilista italiana esperta in impresa sociale. Alla fine delle formazioni, saranno assegnati ruoli specifici per garantire l’autonomia del gruppo. Dopo il primo anno, le donne formeranno ogni anno due nuove apprendiste provenienti dallo slum, contribuendo così all’espansione dell’impresa e al sostegno di altre giovani.
"Chi se le fila?" non è solo un progetto, sai? È un abbraccio di forza e di speranza," dice Ermes (Responsabile Progetti Kampala per ISP), con quel tono pacato che usa sempre quando parla delle “sue” Crested Women. "Ogni punto, ogni cucitura racconta la storia di sette donne che, grazie a “Insieme si può…” e Xmas Project, hanno trovato il coraggio di riscrivere il proprio destino. Quando penso alla sartoria sociale, mi viene in mente come sia diventata per loro un rifugio sicuro. È lì che le mani esperte delle Crested Women si intrecciano con creatività e determinazione. Sono molto più di un gruppo di sette donne. Sono una vera comunità che celebra la rinascita," dice, con un leggero sorriso.
"Qui," continua, "le risate si mescolano alle fatiche, e ogni capo che creano diventa un simbolo di empowerment. È straordinario come, insieme, riescano a trasformare il tessuto della loro vita in qualcosa di unico." Poi abbassa la voce, come a riflettere: "Salima, Justine, Zaina, Agnes, Christine, Doreen e Sandrine... tutte loro provengono dallo slum. Affrontano ogni giorno difficoltà che pochi di noi possono immaginare. Ma nonostante tutto, si impegnano con una forza incredibile per riscrivere la narrazione di chi vive in contesti svantaggiati."
La voce di Ermes si fa più profonda, come se parlasse più a sé stesso che a noi. "Vedi, la loro presenza è un simbolo di speranza. È una dimostrazione che, anche nelle condizioni più difficili, si può far germogliare il cambiamento. Per me, seguirle da vicino è un privilegio. Non sono vittime delle loro circostanze, ma protagoniste del loro destino. Lottano ogni giorno per la dignità, per l'uguaglianza e per un futuro migliore."
Fa una pausa, quasi a raccogliere i pensieri, poi riprende. "Grazie a questo percorso, loro non solo elevano se stesse, ma stanno trasformando anche il volto dello slum. Ormai è da un po’ di tempo che seguono il cammino di formazione teorico e pratico. Non lo facciamo per pietismo, ma perché queste donne hanno un talento e una capacità straordinari. E ora, sono diventate una realtà sartoriale."
Con uno sguardo di profonda ammirazione conclude: "Con la loro forza e dedizione, hanno dimostrato di poter cambiare non solo le loro vite, ma anche la loro comunità. E in fondo, sai, hanno cambiato anche la mia."